Chi lunedì 12 settembre avesse sfogliato l’edizione telematica de La Stampa dedicata a Torino avrebbe trovato in grande evidenza un articolo http://www.lastampa.it/2015/09/12/cronaca/scioperano-i-lavoratori-della-coop-dei-rifugiati-E958E97riH4yD0vJCA5HAI/pagina.html, peraltro pubblicato anche sulla versione cartacea del giornale, dedicato allo sciopero dei lavoratori della Cooperativa Babel, una cooperativa che si occupa di assistenza ai profughi e che fa parte della rete delle istituzioni “buone” che, a Torino come nel resto di Italia, si spendono a difesa dei diritti dei migranti e contro il razzismo.
Vale, a mio avviso, la pena di riportarne un brano
”Scioperano i lavoratori della coop dei rifugiati -Protesta del sindacato Cub Sanità Assistenza contro Terra del Fuoco e Babel: stipendi in ritardo.
Lunedì, per la prima volta, le lavoratrici e i lavoratori di una cooperativa impegnata nell’assistenza ai profughi sciopereranno «per rivendicare la correttezza del trattamento sia per chi lavora che per i richiedenti asilo che dovrebbero beneficiare del loro lavoro». Si tratta dei dipendenti dell’Associazione Terra del Fuoco e della cooperativa Babel che, mesi fa, è nata al suo interno con la mission profughi.
«È costante - spiega Gabriele Pigozzi, rappresentante aziendale - che coop e associazione ritardino per mesi gli stipendi e persino i rimborsi delle spese vive anticipate dai lavoratori per poter svolgere l’attività. Una situazione frustrante». Ma non solo di denaro si tratta. «È carente la pianificazione degli interventi. Molte persone che abbiamo accolto quest’anno - dice Pigozzi - dovranno uscire senza aver fruito di programmi di inserimento, di integrazione con borse lavoro».”
Come parte in causa, essendomi occupato, con altri ovviamente, dell’organizzazione dello sciopero, devo riconoscere che la lettura del giornale mi ha lasciato perplesso, francamente non mi sarei aspettato che una vertenza sindacale, sia pur particolarissima, che coinvolge poche decine di lavoratori avrebbe suscitato un interesse di questa fatta anche in considerazione del fatto che è uno sciopero, nei suoi limiti, sgradito al “Sistema Torino”, quella rete di poteri che controlla la città e che fa riferimento alle grandi banche, al grande padronato, ai sindacati istituzionali, alla chiesa, alle organizzazioni del volontariato ovviamente collocati ognuno nel ruolo che gli compete e in un rigoroso ordine gerarchico.
Riflettendovi però si può dare una spiegazione, dal punto di vista strettamente giornalistico, dell’interesse suscitato dallo sciopero dei lavoratori della Cooperativa Babel.
La sera prima, venerdì 11 settembre, vi era stata anche a Torino la Marcia degli uomini scalzi, un’iniziativa antirazzista dal forte impatto mediatico che vedeva coinvolti molti soggetti istituzionali, dalla CGIL a, guarda caso, l’Associazione Terra del Fuoco e, indirettamente, il Gruppo Abele diretto con mano sapiente da Don Ciotti.
Che i lavoratori e le lavoratrici di una cooperativa progressista e di sinistra che si occupa di profughi non vengano retribuiti è, con ogni evidenza, parsa notizia quantomeno interessante.
Ancora più interessante il fatto che la mattina di lunedì 14, di fronte alla sede del famoso Gruppo Abele e dell’Associazione Terra del Fuoco, vi fossero in misura notevole le lavoratrici ed i lavoratori in sciopero ma nessun giornalista, fotografo, cineoperatore. Non è necessario essere particolarmente maliziosi per immaginare che qualcuno ha provveduto a telefonare a tappeto ai direttori dei giornali, delle televisioni ecc. per bloccare l’informazione. E’ evidente, infatti, che questo mondo che vive di commesse pubbliche, di relazioni politiche, del prestigio derivante dall’attività benefica che svolge non può tollerare un danno di immagine.
In luogo dei giornalisti, di fronte al portone del Gruppo Abele stazionava un congruo numero di esponenti della Ceka, per la verità abbastanza rilassati, con il compito di garantire che non vi fossero incidenti di sorta.
A illeggiadrire, si fa per dire, la situazione è stato l’arrivo di Maurizio Marrone, Consigliere Regionale di Fratelli di Italia - Alleanza Nazionale, che, quale squalo che ha sentito sentore di sangue, si proponeva come interlocutore politico e veniva cacciato dei lavoratori senza se e senza ma.
Il suo tentativo, che mi ha provocato nel contempo una sensazione di schifo e di pena, segnala però il carattere complesso di mobilitazioni come questa che toccano questioni delicate quali la funzione di cooperative volte, almeno nei loro fini dichiarati, a contrastare il degrado sociale.
Che si tratti di un mondo particolare, con una sua sottocultura, con codici di comportamento che valorizzano l’essere “volontari” e non lavoratori è noto, basta, per fare un caso, leggere l’eccellente libro di Luca Rastello “I buoni”, edito da Chiarelettere per farsene e un’idea.
Lo stesso modo di porsi dei lavoratori, l’intreccio fra rivendicazione economica ed attenzione all’organizzazione ed al senso del lavoro, un approccio tipico del modo di porsi dei lavoratori del sociale segnalano la necessità di una riflessione approfondita sulle forme di azione, di organizzazione, di mobilitazione dei lavoratori di questo comparto e della relazione fra azione rivendicativa e critica dell’ideologia diffusa a piene mani dai gestori del comparto.
Mentre stendo queste righe non è ancora chiaro come si chiuderà la vertenza, i lavoratori e le lavoratrici stanno riflettendo su quali saranno le prossime mosse. Si tratta per intanto di sostenerne la mobilitazione e di farne conoscere ragioni e svolgimento.
Cosimo Scarinzi